Obiettivi per il nuovo anno

Un mio amico svizzero sulla cinquantina, agente di borsa, fumatore, sovrappeso, totalmente fuori allenamento, ha deciso qualche settimana fa che era ora di dire basta: il 31 dicembre scorso ha fatto un’approfondita seduta sugli obiettivi, promettendo solennemente che dal primo gennaio si sarebbe messo a dieta, avrebbe smesso di fumare e avrebbe cominciato a fare sport. E per sottolineare la serietà dell’impegno, è corso a iscriversi alla maratona (43km…) che ogni capodanno si tiene a Zurigo, e si è quindi procurato l’equipaggiamento necessario, dirigendosi alla sera verso il punto di partenza.

Ogni anno, milioni e milioni di persone su tutta la superficie del pianeta, il 31 dicembre fanno una lista di tutte gli obiettivi che vogliono raggiungere nell’anno nuovo, fanno solenni promesse di cambiamento, di impegno, di miglioramento.
Ogni anno, milioni e milioni di persono comprano libri che promettono di aiutarli a smettere di fumare, a dimagrire, a rimettersi in forma, a diventare ricchi, a raggiungere i loro obiettivi: l’industria del self help continua ad essere una delle più floride, e i guru del settore sfornano best sellers a ripetizione.
Ogni anno milioni di persone frequentano seminari motivazionali, dove le tecniche per raggiungere ogni tipo di obiettivo vengono spiegate e applicate, ed escono da questi seminari entusiasti, carichi di energia e pronti all’azione massiccia che li porterà al successo.

Alla mezzanotte in punto (siamo in svizzera…) lo starter dà il via, e il mio amico scatta insieme ad altre migliaia di runners, pieno di entusiasmo, volontà, motivazione…

C’è però un problema: questi milioni e milioni di persone, fissano sì gli obiettivi, ma dopo qualche giorno rinunciano. Fanno promesse e giuramenti, ma non li rispettano. Comprano i libri, ma non vanno oltre il primo capitolo. Escono motivati dai seminari, ma solo per un breve periodo.
E l’anno successivo si ritrovano a fare le stesse promesse, a comprare altri libri che riciclano gli stessi contenuti, a risentire gli stessi discorsi motivazionali.
E attenzione, questa sequenza fallimentare non riguarda solo i tipici obiettivi del tipo “dovrei”, “dovrei proprio”, che promettiamo di raggiungere giusto per accontentare qualcuno, ma a cui di fatto ci dedichiamo con poca o nessuna convinzione.
No, parlo proprio di obiettivi a cui teniamo, che sono nel nostro interesse e che cerchiamo di perseguire con il massimo dell’impegno. Quale forza misteriosa ci impedisce di raggiungerli?
Forse manca la forza di volontà.
Forse manca il coraggio di uscire dalla zona di confort.
Forse non si è desidera davvero quel particolare obiettivo.
Forse non si è pronti a fare i cambiamenti necessari.
O forse, cambiare è DAVVERO difficile, forse possibile per altri, ma non per noi.
Forse.
E se invece fosse sbagliato il metodo?

I primi 200 metri scorrono abbastanza facilmente, anche se ansimando l’aria fredda dà fastidio, ma già a 500 metri il fiato e le gambe cominciano a mancare “Non cederò, pensa, ho una volontà di ferro, e ho tutto da guadagnare”. E prosegue stringendo i denti…

Immaginiamo che abbiate scritto un ottimo articolo, e che quindi lo abbiate stampato.
Ma, rileggendolo, vi rendete conto che ci sono parecchi errori di battitura e di ortografia.
Li correggete a penna, e quindi ristampate il foglio. Gli errori sono di nuovo lì!!! Ripetete la correzione con maggior forza e determinazione: niente da fare, ricompaiono.
A questo punto, prendete una gomma da cancellare, mettete tutto l’impegno a togliere ogni traccia degli errori, ma quando stampate….eccoli di nuovo!
E nonostanti tutti i metodi usati – sempre più decisi e aggressivi – per correggere il foglio, ogni volta che lo si stampa continua a contenere gli stessi errori, e voi siete sempre più frustrati e scoraggiati.

Significa che manca la forza di volontà?
Significa che non si è sufficientemente “motivati”?
Significa che non si è collegato abbastanza dolore agli errori?
Significa che la nostra azione non è veramente massiccia?
Significa che il foglio “non è pronto per cambiare”? (!)
Significa che cambiare è davvero difficile?

E se invece fosse sbagliato il metodo?

Sempre più infreddolito e ansimante, con le gambe doloranti, il mio amico svizzero riesce a raggiungere in qualche modo il primo kilometro… ma si rende conto che non ce la farà ad arrivare al secondo, e neanche a parlarne di finire la maratona…
“Sono un incapace e una nullità, non ho forza di volontà. Gli altri devono essere fatti diversamente….”

Il punto è – ovviamente – che è perfettamente inutile tentare di correggere il foglio senza cambiare il file sorgente, e nel caso di questo esempio ci sembra clamorosamente ovvio. Ma questo è esattamente quello che cerchiamo di fare quando pretendiamo di cambiare il nostro comportamento da un giorno all’altro, usando forza di volontà e autopunizioni: può anche funzionare per un po’, ma alla minima disattenzione, al minimo cedimento, alla minima difficoltà la nostra identità riprenderà il sopravvento.
Non solo, ci sarà un’inevitabile susseguirsi di sensi di colpa, perdita di autostima, senso di incapacità, invidia verso chi riesce a ottenere risultati, eccetera.
Tutte cose che chi si fissa gli obiettivi a capodanno (ma anche tutto il resto dell’anno…. “da domani…”) conosce benissimo.
E ogni volta che ci si riprova con rinnovato impegno, forza di volontà, azione massiccia, obiettivi SMART, tecniche motivazionali, e tutto l’armamentario che i guru del self help ci propongono, il risultato sarà invariabilmente il fallimento dopo l’impegno iniziale e l’inevitabile scoraggiamento successivo. Ma se siamo abbastanza testardi, ci diciamo che “la prossima volta…”. E ricominciamo, ripetendo esattamente le stesse strategie fallimentari.

Allo stremo delle forze a un passo dal dover chiamare un’ambulanza, il nostro wannabe runner vede un fast food aperto: è la salvezza! Ci si infila dentro, si prende un hamburger e una birra, si riscalda e poi – avendo ripreso fiato – si accende una bella sigaretta.
“Sì, stavolta non mi ero motivato a sufficienza, non sono partito nel modo giusto, forse gli obiettivi non erano chiari, il piano non ben definito. Ma dal 1 febbraio…”

Una cosa è certa: finché il cambiamento non avviene al livello della nostra identità, (così come avviene per il foglio) i nostri tentativi di cambiare il comportamento non avranno alcun risultato: Il 1 gennaio (o qualunque data abbiamo scelto per lo “start”) continueremo ad essere le persone del giorno prima e avremo ovviamente gli stessi risultati.
Dopo decenni passati ad occuparmi di sviluppo personale e di raggiungimento della massima performance in tutti i campi possibili, mi sono convinto che le ricette che ci vengono fornite dai vari guru sono strutturalmente sbagliate e inutili: vanno benissimo per un’azienda (si chiama Project Management) ma tentare di applicarle alla propria vita personale non ha alcun senso. Si continua a parlare di fissazione degli obiettivi, di piani, di azione massiccia, ma ci si guarda bene dall’arrivare al nocciolo, che è quello dell’identità.

Perché se non cambiamo prima la nostra identità, ogni sforzo è destinato a fallire:
a un certo punto, correre la maratona non è un problema di tecnica, chiunque sa mettere un piede davanti all’altro. Non solo, l’obiettivo è chiaro e definito, il percorso anche. Quindi, secondo le ricette correnti, non dovrebbe esserci alcuna difficoltà, basta prendere la decisione e agire. Ma sappiamo benissimo che arrivare in fondo a una maratona presuppone un condizionamento fisico di tutto rispetto, significa aver abituato il corpo ad un uso estremamente efficiente delle risorse fisiche, significa aver sviluppato strategie mentali di altissimo livello (qualunque corridore vi dirà che l’aspetto psicologico è altrettanto importante di quello fisico, se non di più): significa, insomma, ESSERE un corridore.

Tentare di correre una maratona, quando di fatto la nostra identità psicofisica è quella di impiegati sedentari, di teledipendenti fuori forma e sovrappeso, non può che risolversi in un fallimento, magari pericoloso.
C’è tutta via un punto importante, che rende la metafora della maratona non completamente sovrapponibile: mentre un condizionamento a livello fisico deve rispettare dei tempi fisiologici e può richiedere anni, un cambiamento a livello dell’identità può avvenire in un istante, come può confermare chiunque abbia lavorato con un coach professionista: a volte, basta una frase, una domanda, un cenno, un cambiamento di prospettiva, ed ecco che si crea quel “click”, quel “aha” che produce di colpo i cambiamenti desiderati. A quel punto, non c’è più alcun bisogno di motivazione, di volontà, di tecnica o altro.

Parlare dell’identità ci porterebbe troppo lontano, anche se lo farò sicuramente in un prossimo articolo.
Ma per concludere, se anche voi il 31 dicembre avete preparato la vostra brava lista di promesse per il 2019, provate a fare un semplice esercizio: provate a riformulare ogni obiettivo – che di solito è un qualche comportamento – come se fosse un aspetto della vostra identità, e poi ascoltate tutta la folla di pensieri e resistenze che si affacciano di colpo alla mente. Se quello che percepite è una sensazione di falsità, fastidio, disagio,… tra il vostro obiettivo e l’identità c’è un evidente confitto, e la forza di volontà vi aiuterà molto poco: state semplicemente cercando di correre una maratona senza ESSERE dei corridori.

Vedremo prossimamente cosa si può fare. Divertitevi per ora a fare questo esercizio con gli obiettivi più diversi, piccoli o grandi che siano. Vi garantisco una bella serie di sorprese.

Buon lavoro!

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